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Om: il mantra dei mantra

  • Immagine del redattore: Bianca Pasquinelli
    Bianca Pasquinelli
  • 11 dic 2023
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 15 feb 2024

Meditando solo su questo suono la mente si fonde in esso per passare entro l’Etere della pura consapevolezza.

(Nada Bindu Upanishad)


1. Significato


Nella filosofia e cultura vedica indiana, Om è ritenuto il più grande e potente di tutti i mantra, nonché simbolo dello yoga. Ma che cosa si intende con il termine mantra? La parola sanscrita deriva dalla radice “man”, che significa “mente”, o “pensare”, e dal suffisso “tra”, che significa “strumento”, o “liberare da”. Pertanto mantra significa “strumento per pensare”, o “strumento per liberare la mente”, riportandola a uno stato di purezza originaria. Il mantra è un suono, una parola o una serie di parole che rappresentano Dio, utilizzate come oggetto di meditazione.


Più precisamente, Om è il più sacro dei bija mantra, suoni seme dell’alfabeto sanscrito. Si ritiene che, proprio come un piccolo seme contiene un albero maestoso, ogni bija contenga grandi quantità di saggezza spirituale e forza creativa. La sillaba Om racchiude in sé tutti i suoni, li comprende come il seme comprende la pianta.


Normalmente ogni suono udibile è prodotto da una percussione: il suono della voce, ad esempio, è prodotto dall’urto fra l’aria e le corde vocali. L’unico suono che non abbia questa origine è l’Om, suono dell’energia creativa dell’universo. È il ronzio del vuoto, che precede tutte le cose e di cui esse sono solo dei precipitati. È il suono dell’origine, suono seme della creazione, da cui provengono tutti i suoni. In effetti, quando ascoltiamo il mantra, la sua vibrazione è strettamente correlata alle vibrazioni originali emesse quando il mondo fu creato.

 

“Udii la Voce creativa di Dio risuonare come Om, la vibrazione del Motore Cosmico.”

(Paramahansa Yogananda, Autobiografia di uno Yogi)

 

2. Simbologia


Om viene analizzato dai veggenti delle Upanishad nella maniera seguente. In primo luogo, poiché la vocale O in sanscrito viene considerata una fusione di A e U, la sillaba OM può venire scritta AUM. In tale forma estesa, essa è composta da quattro elementi: A, U, M e il silenzio.


- La A rappresenta allegoricamente lo stato della "coscienza desta" (jagrat), per la quale gli oggetti sono "materia grossolana" (shtula) e sono separati tra di loro e dalla coscienza che li percepisce. Ogni cosa percepita dai sensi grossolani è già esistente, e perciò appartiene al passato. Di conseguenza la scienza, la saggezza della coscienza desta e dei "fatti", può solo essere una conoscenza del già accaduto o di ciò che nel futuro è destinato a ripetere e a continuare il passato. La lettera A simboleggia inoltre la parola (vak), il maschile e Brahma: la forza creatrice.


- La U viene associata allo stato della "coscienza sognante" (svapna), in cui soggetto e oggetto possono sembrare diversi e separati, ma sono in effetti la stessa cosa. La persona che sogna si sorprende o perfino si spaventa del proprio sogno, non cogliendone il significato; eppure, mentre sogna, è lei stessa a costruire il sogno. Gli oggetti di questo mondo di sogno, essendo di "materia sottile" (sukshma), brillano di luce propria e possono mutare di forma rapidamente. Nella coscienza sognante, quindi, ci troviamo in presenza dell’immediato e creativo "ora" della nostra vita. Oltre allo stato di sogno e al corpo sottile, la lettera U rappresenta la mente (manas), il femminile e il presente; l’anima e Vishnu: la forza preservatrice.


- La M simboleggia il "sonno profondo senza sogni" (susupti) della mente e dello spirito. In questo stato abbiamo "perso conoscenza" e la mente viene descritta nei testi indiani come “una massa o continuum indifferenziato di coscienza non caratterizzata”, perduta nell’oscurità. Ciò che nello stato desto è cosciente del divenire, nel sonno profondo senza sogni, libero da ogni coinvolgimento, ritorna a quella condizione primordiale, di latenza, caos e potenzialità, dalla quale tutto ciò che mai sarà deve col tempo emergere. La lettera M incarna il respiro vitale (prana), il genere neutro, il futuro e Shiva: la forza distruttrice.


- Il silenzio è di notevole importanza, in quanto precede, segue, circonda e compenetra il mantra. Dal silenzio il suono emerge e in esso ricade, così come l’universo emerge dal vuoto e nel vuoto torna a dissolversi. È silenzio poiché le parole, che si riferiscono solo a nomi, forme e relazioni di oggetti della coscienza desta e o di quella sognante, non possono raggiungere tale dimensione. A questa fase di assoluta contemplazione corrisponde un altro stato di coscienza, chiamato Turya, che riunisce in sé i primi tre stati e li trascende realizzando il Samadhi. Qui non si trovano più tracce di dualità e separazione, considerate fonte di dolore secondo la filosofia yogica.


Dunque il suono Aum, “non prodotto dalla percussione di due cose”, che galleggia, per così dire, in un mare di silenzio, viene udito quando la Kundalini in ascesa raggiunge il livello del cuore. Perché lì risiede il Grande Sé, e lì si apre la porta del vuoto.

 

3. La vibrazione del suono


- La A viene pronunciata con la gola aperta. Risuona nel petto e arriva a diffondersi nella parte bassa del corpo; è un suono di grande radicamento. Nel canto la A governa la fase diaframmatica (o addominale) del respiro.


- La U sale verso la gola, centro importantissimo attraverso cui esprimiamo le nostre emozioni. Nel canto il suono U governa la fase toracica del respiro.


- La M, leggermente nasale, raggiunge il vertice della testa, coinvolgendo la mente e permettendo l’apertura a qualcosa di più grande. La M viene prolungata, fonicamente e visivamente e conclude l’emissione sonora fra le labbra. Nel canto governa la fase clavicolare del respiro.


Quindi con un solo mantra è possibile coinvolgere tutti i centri e a con-centrare ogni energia: l’Om invita al risveglio della consapevolezza. Nella vocalizzazione del suono c’è un movimento di risalita, un percorso ascendente che va dal ventre, al torace, alla gola e al cranio. Si va da un’apertura (anche della bocca) a una progressiva chiusura, fino al silenzio. Questo rappresenta anche il ritorno dalla molteplicità della manifestazione all’unità originale, dalla materia allo spirito, dalla dispersione alla riunificazione.


L’Om viene udito internamente e nel contempo all’interno dello spazio. Quando lo si è udito una volta, lo si riscopre ovunque. È qui, al nostro interno, così come in tutte le cose, in tutto lo spazio.

 

 “Aum (pronuncia Om; viene scritto con tre lettere quale simbolo della divina Trinità), o Amen o Spirito Santo, l’unico Fattore, la sola forza causale e attiva, il divino invisibile Potere che sostiene tutta la creazione mediante la vibrazione. Aum, il beato consolatore, si ode nella meditazione; esso rivela al devoto la Verità ultima.”

(Paramahansa Yogananda, Autobiografia di uno Yogi)

 

4. Origini e testi antichi


Le origini dell’Om sono antichissime. Riferimenti al sacro mantra si trovano in tutti i testi classici più importanti della saggezza indù, a partire dai Veda (XX secolo a.C.), le Upanishad vediche (IX-V secolo a.C.), la Bhagavad Gita e gli Yoga Sutra. In questi fondamentali testi della filosofia indiana, la sillaba Om rappresenta e identifica il sacro, il divino, l’Assoluto, la realtà ultima, o il Sé superiore (atman). Viene considerata come espressione del supremo Brahman, un mezzo per conoscerlo. Da Brahman non solo l’universo emana e si sviluppa, ma in esso, infine, l’universo si riassorbe. Secondo Sri Bhinova Vabhe, la parola latina Omne e la parola sanscrita Aum derivano entrambe dalla stessa radice che significa “tutto”; ambedue queste parole implicano il concetto di onniscienza, onnipresenza e onnipotenza.


Nel primo libro degli Yoga Sutra, il Samadhih Padah, Patanjali scrive:

Tasya vācakaḥ praṇavaḥ || 1.27 ||

Tad-japah tad-artha-bhāvanam || 1.28 ||

Tataḥ pratyak-cetanā-adhigamah api antarāyā-abhāvah-ca || 1.29 ||

(1.27) “La sillaba che lo esprime è Om.”

(1.28) “La ripetizione consapevole della sillaba Om permette di realizzarne il significato profondo.”

(1.29) “In seguito a questo, la coscienza si orienta senza impedimenti verso l’interiorità.”

 

Il “lo” del primo aforisma (1.27) si riferisce a Isvara Pranidhana, concetto di cui Patanjali parla negli aforismi precedenti per intendere il sé universale, la fonte impersonale della creazione corrispondente al concetto di Dio, presente nel cosmo e quindi negli esseri umani. Pranava (la sillaba Om) deriva dalla radice “nu”, “lodare”, a cui è aggiunto il prefisso “pra”, “superiorità”. La parola completa ha così il significato di più alta glorificazione, la miglior preghiera, e significa inoltre ciò che scorre attraverso il prana. Dunque secondo Patanjali, Om, il pranava, è simbolo di Isvara. Cantando l’Om, facendolo vibrare in noi, possiamo entrare nel suo significato e fare esperienza di Dio. Lo cantiamo espirando e nell’espiro abbandoniamo qualcosa: l’aria, l’ego.

Nella calligrafia sanscrita Devanagari, Om si scrive ॐ. Nella figura di Shiva danzante, la posizione della testa, delle mani e del piede sollevato suggeriscono il disegno di questa sillaba, a indicare che nella danza del dio risuona il suono miracoloso dell’esistenza.



5. Benefici


L’Om si pratica in una posizione seduta confortevole, con la colonna vertebrale eretta. Si può vocalizzare una volta, tre o molteplici. Eseguire l’Om capendone il significato e il valore di guarigione può portarci grandissimi benefici:


- Connette con la tradizione millenaria e con l’energia di straordinari maestri. Lo eseguiamo per rispettare e tramandare la tradizione dalla quale viene la disciplina dello yoga. La pratica dell’Om e il suo studio, infatti, vengono tramandati di generazione in generazione.

- Permette la fusione delle energie interne con le energie del cosmo. In particolare, la quarta fase del canto dell’Om invita a vivere appieno lo stato di "beatitudine" portato dal silenzio e il senso di unità che esso trasmette.

- Porta un profondo stato di pace, grazie all’espirazione prolungata, che attiva la reazione di rilassamento. Uno studio ha scoperto che intonare Om disattiva le parti del cervello emotivo legate alla paura.

- Rafforza la mente. La ripetizione del mantra dà al praticante la possibilità di concentrare la mente, calmando le chitta vritti (vibrazioni, vortici del pensiero).

- Quando la mente si fa calma, anche il respiro si regolarizza, e da autonomo diviene consapevole. L’Om aumenta inoltre la capacità respiratoria.

- La consapevolezza del respiro consente di prendere in gestione altri aspetti della fisionomia umana, come il battito cardiaco e la pressione sanguigna.

- È un mezzo di riflessione e aumenta la conoscenza di sé. Nell’ultimo aforisma che tratta di Isvara, Patanjali ci dice, infatti, che attraverso la pratica di Om la coscienza si stabilizza.

- Crea un rito consapevole che prepara la mente per la pratica dello yoga, oppure la conclude. È interessante notare come risuona dentro di noi l’Om quando viene eseguito all’inizio oppure al termine di una pratica yoga.

- Se l’allievo è adeguatamente introdotto e guidato da un maestro esperto, il mantra può fornire protezione e guida alla sua pratica.

 

Concludo con una citazione di Iyengar, uno dei più famosi maestri di yoga del mondo e uno tra i primi a introdurre lo yoga in Occidente:

 

“Le lettere A, U, M simboleggiano anche il mantra “Tat Tvam Asi” (Tu sei quello), la realizzazione della divinità umana che è in sé stessi. Il termine intero rappresenta tale realizzazione, che libera lo spirito umano dai confini del corpo, della mente, dell’intelletto e dell’io.”

 


Scritto da Bianca Pasquinelli


 

BIBLIOGRAFIA:


- Gabriella Cella Al-Chamali, Il grande libro dello yoga, Rizzoli, Milano 2018.


- Joseph Campbell, Le figure del mito. Un grande itinerario illustrato nelle immagini mitologiche di ogni tempo e paese, Red Edizioni, Como 1991.


- B.K.S. Iyengar, Teoria e pratica dello Yoga, Edizioni Mediterranee, Roma 2003 (titolo originale: Light on yoga).


- A. G. Mohan, Lo yoga per il corpo, il respiro e la mente, Astrolabio Ubaldini, Roma 2002.


- Moiz Palaci, Renata Angelini, Gli Yoga Sutra di Patanjali. La coscienza dell’essere, Associazione Italiana di Raja Yoga, Milano 2017.


- Vimala Thakar, Lo yoga oltre la meditazione, Astrolabio Ubaldini, Roma 2000.


- Paramahansa Yogananda, Autobiografia di uno yogi, Astrolabio, Roma 1971.

 
 
 

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